Le PMI siciliane tra le meno finanziate d’Italia

Secondo il coordinatore regionale di Confimprese Italia in Sicilia e presidente di Confimprese Palermo Giovanni Felice,” nel mercato del credito alle imprese esiste una distanza strutturale con il resto del territorio nazionale, che crea un gap difficile da colmare”.

Confimprese ha analizzato i dati in possesso di Banca d’Italia e CRIF.

I dati fotografano una realtà in cui l’accesso al credito è molto difficoltoso.

Infatti, In Sicilia solo il 27% delle microimprese ha ottenuto credito negli ultimi 12 mesi;

Il tasso di rigetto delle richieste è il più alto d’Italia: 22,8%, contro una media nazionale del 13,5%;

        La percentuale di imprese considerate non bancabili, ovvero escluse di fatto dal circuito del credito tradizionale si stima tra il 35% e il 40%.

“Questi numeri non parlano solo di economia – afferma Giovanni Felice – ma parlano anche di esclusione sociale e di perdita di potenziale del nostro sistema economico. Dietro il termine “non bancabile” spesso si nascondono storie di imprenditori che hanno attraversato momenti di difficoltà, ritardi, segnalazioni, situazioni di irregolarità, ma che oggi pur avendo un progetto valido, non hanno la possibilità di salvare la propria azienda, o semplicemente il diritto ad una seconda opportunità.

Non possiamo più permetterci il lusso di ignorare questa parte del tessuto economico – insiste il coordinatore di Confimprese Sicilia – è necessario individuare strumenti flessibili, accessibili, ma responsabili, che diano credito anche a chi è stato escluso. Crediamo che una collaborazione strutturata tra il sistema bancario, i Consorzi di garanzia  e le associazioni di categoria possa generare un impatto concreto: ridurre le distanze, semplificare l’accesso, valorizzare il merito imprenditoriale anche al di là del merito creditizio puro.

Non chiediamo scorciatoie –  conclude il coordinatore regionale di Confimprese Sicilia –  ma proponiamo

 
un percorso condiviso
 

per restituire centralità a chi oggi resta ai margini. Perché, parafrasando il concetto espresso da Mario Draghi sul debito,

 
il credito buono non è solo una leva economica: è una leva sociale, culturale, comunitaria”

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